04/06/2003

Panorama

Strana sensazione questa mattina, come di essere prigioniero.
Strada per la tangenziale praticamente bloccata.
Strada alternativa, fermo al passaggio a livello, motore spento, ascoltando la lettura dei giornali.
Dopo 4 treni, pari a 20 minuti circa, le sbarre si alzano. Ora si può uscire dal quartiere.
Ma cosa sta bloccando il traffico intorno all’uscita lame ?
Il Castorama.
Cos’è il Castorama ?
E’ un’enorme ferramenta.
Questo, a occhio e croce, sarà almeno 20.000 mq + 80.000 fra parcheggi, svincoli ecc.
Ma a cosa serve una ferramenta di queste proporzioni ?
Onestamente non riesco ad immaginarlo.
Io vado in ferramenta una volta ogni 2 anni, circa.
L’anno scorso comprai una confezione di cemento bianco da mezzo chilo per rifinire la nuova doccia, avendo scoperto, con mio grande disappunto, che il montatore non avrebbe eseguito questa prestazione.
Anni prima comprai alcuni chiodi, non ricordo più per farci che.
La ferramenta di quartiere, che ha circa la mia età, per questi scopi era più che sufficiente.
Certo che se, mentre cerco una chiave inglese del 10, l’unica misura che realmente serve all’uomo comune, mi salta in mente di costruirmi una veranda fuori casa, lì potrei immediatamente acquistare tutto il necessario.
Si tratta forse, come dicono gli esperti di marketing, di favorire gli acquisti d’impulso.
Praticamente come mettere le caramelle vicino alla cassa del supermarket.
Ta entri da Castorama convinto di acquistare una scatola di viti ed esci con tutto il necessario per piastrellare ex novo la casa..
Very useful: 100.000 mq ben spesi.

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E cosa c’era prima in questi 100.000 mq ?
Nulla, o meglio c’ero io.
In che senso, scusa ?
Nel senso che ora non c’era niente: qualche erbaccia e qualche alberello stentato, ma prima c’era la mia origine bolognese.
C’era la fabbrica che aveva fatto cambiare mestiere e città a mio padre.
Lui era un bel giovane un po’spiantato che, oltre a mettere in cinta mia madre, faceva un po’ il bracciante, un po’ il muratore e un po’ il musicista.
Poi, con il mio arrivo, si rassegnò a mettere la testa a posto – spero che me l’abbia perdonato – ed emigrò con moglie, figlia, pargolo, canne da pesca, clarinetto e sax nella lontana (30 km, all’epoca, non erano mica uno scherzo !) Bologna.
Il lavoro per lui c’era, con il suo patentino nuovo fiammante da fuochista, avrebbe portato a cottura tante belle travi di cemento (fino a finire cotto anche lui a 48 anni).
Quanto a mia madre, donna di sana e robusta costituzione, avrebbe facilmente trovato qualche ricca famiglia da tenere in ordine e pulita.
Così da bambino andavo spesso con lui alla fabbrica, alla sera, in una specie di turno breve, quando si dovevano spostare alcuni lunghi e pesanti tunnel di cottura da una fila di travi all’altra, pilotando il tutto da un altissimo carro-ponte. Poi la serata si concludeva con un bellissimo giro sul muletto (lo sapesse mio figlio morirebbe d’invidia).
Ero la mascotte della fabbrica
Poi il sabato e la domenica andavamo a pescare nei canali della bassa oppure, nelle occasioni speciali, nei grandi fiumi, dove ho imparato a nuotare.
La pesca comunque, a parte la nuotata finale, non mi piaceva molto. Ero più attratto dal sax, ma quello era proibito. Il terrore di mio padre era che potessi diventare musicista, lui per me sognava ben altro: un bel diploma da geometra !
Geometra era, infatti, la massima autorità della fabbrica.
Quella da 100.000 mq dove ci sarà la ferramenta.

5AM