lo zen... (2a parte)
"Uscii di lì più in fretta che potei, con le punterie in disordine, i coperchi
delle punterie sfasciati, la moto sporca di grasso, e mentre andavo
sentii una brutta vibrazione sopra i trenta all’ora. Sul bordo della
strada scoprii che mancavano due dei quattro perni di fissaggio del
motore e al terzo mancava il dado. Tutto il motore era appeso a un
solo bullone. Mancava anche la vite di regolazione della tensione della
catena di distribuzione, il che significava che cercare di registrare le
punterie sarebbe stato del tutto inutile. Un incubo.
Quando penso che John mette la sua BMW nelle mani di gente del
genere! Non gliene ho mai parlato. Forse dovrei.
Scoprii la causa dei grippaggi qualche settimana dopo. Nel sistema di
distribuzione c’era uno spinotto (25 cents) tranciato, che ad alta
velocità impediva all’olio di arrivare alla testata.
Perché?, non posso fare a meno di chiedermi, ed è proprio questa
domanda che mi ha spinto a tenere questo Chautaqua. Perché l’hanno
martoriato in quel modo? E sì che non erano di quelli che scappano
dalla tecnologia come John e Sylvia. Erano loro i tecnologi. Avevano
imparato un mestiere e lo eseguivano come degli scimpanzè. Chissà
perché si erano comportati in quel modo? Cercai di ricordare le ore
passate con loro in quell’officina, quel posto da incubo, per vedere se
riuscivo a trovare una spiegazione plausibile.
La radio era un indizio. Non ci si può concentrare veramente su quello
che si sta facendo con la radio a tutto volume. Forse quei ragazzi non
concepivano il loro lavoro come qualcosa che potesse implicare una
certa concentrazione, ma solo come un gioco di chiavi inglesi. E con la
musica gingillarsi con una chiave inglese è più divertente.
Un altro indizio era la loro velocità. Sbattevano le cose di qua e di là
senza guardare dove. Si fanno più soldi, così – se non ci si ferma a
pensare che sarebbe meglio metterci più tempo.
Ma l’indizio più significativo era la loro espressione. E’ difficile da
spiegare. Un’aria bonacciona, amichevole, accomodante – e non
coinvolta. Sembravano degli spettatori. Era come se fossero capitati lì
per caso e qualcuno gli avesse messo in mano una chiave inglese. Non
si identificavano per niente con il loro mestiere. Si capiva subito che alle
cinque del pomeriggio avrebbero tagliato la corda senza più neanche
un pensiero per il lavoro. Facevano già di tutto per non pensarci
mentre lavoravano. A modo loro stavano ottenendo lo stesso risultato
di John e Sylvia, e cioè di vivere con la tecnologia senza averci niente a
che fare.
Non solo questi meccanici non avevano trovato lo spinotto, ma era
stato chiaramente un loro degno compare a tranciarlo montando male
la copertura laterale. Mi venne in mente che il precedente proprietario
della moto mi aveva riferito che un meccanico aveva avuto dei problemi
a montare questa copertura. Ecco perché. Il libretto di istruzioni
avvertiva di questo particolare, ma evidentemente quello aveva troppa
fretta e se n’era infischiato.
Lo stesso tipo di incuria lo verifico nei manuali per calcolatori che
preparo per la stampa. Scrivere e curare manuali tecnici è quello che
faccio per guadagnarmi da vivere undici mesi su dodici e so che sono
pieni di errori, di ambiguità, di lacune e di informazioni talmente
contorte che per capirci qualcosa bisogna leggerli e rileggerli. Allora,
per la prima volta, mi saltò agli occhi la corrispondenza tra questi
manuali e l’atteggiamento da spettatore che avevo notato nell’officina.
Erano manuali per spettatori. E mi venne in mente che non esiste
nessun manuale che parli del problema essenziale della manutenzione
della motocicletta: tenere a quello che si fa. Questo è considerato di
scarsa importanza, o viene dato per scontato.
Durante questo viaggio credo che dovremmo pensarci un po’ sopra, per
vedere se questa strana separazione tra quello che l’uomo fa e quello
che l’uomo è non potrebbe aiutarci a capire che cosa diavolo è andato
storto in questo ventesimo secolo. Non voglio essere frettoloso. La
fretta è di per sé un atteggiamento velenoso da ventesimo secolo, che
tradisce indifferenza e impazienza. Il mio approccio al problema sarà
lento, ma scrupoloso: lo stesso che mi ha permesso di trovare quello
spinotto tranciato."
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Questo brano è tratto dal romanzo di R. Pirsig "Lo Zen e l’arte della
manutenzione della motocicletta" (ed.: Adelphi).
Esso descrive e mette in analisi un caso di "non qualità" in una maniera
che rende molto evidente, al contrario, cosa potrebbe essere
la "qualità".
La qualità è molto difficile da definire proprio perché deve essere prima
di tutto un atteggiamento mentale, ma è facile riconoscerla.
Diverso è riconoscere la "non qualità". Vederla in noi stessi è quasi
impossibile: bisogna essere molto attenti ed autocritici, ma a questo
punto si è già sulla strada della qualità; vederla negli altri può essere
meno difficile ma si deve essere consapevoli del proprio "diritto alla
qualità"……
5AM