Certe parole, certi modi di dire sono come virus che, usciti da qualche laboratorio di ricerca sulla guerra batteriologica, si diffondono con rapidità impressionante e presto infettano gran parte della popolazione.
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Tanto il salve di Lubrano era insolito e gaio e piacevole, quanto è stucchevole e vigliacco il salve che ora sta sulla bocca di tutti gli sconosciuti, o appena conosciuti, che vi capita di incrociare e che vi salutano senza guardare, come se si vergognassero di pronunciare un fresco buongiorno o se non osassero pronunciare un amichevole ciao.
Capita anche, è raro ma capita, che alcuni virus, dopo una violenta sfuriata, regrediscano rapidamente fino a quasi scomparire.
E' il caso dell'attimino che, dopo un preoccupante dilagare, ha fortunatamente sollevato un moto di indignazione generale e quasi più nessuno osa pronunciarlo.
Ora c'è un nuovo virus che si sta rapidamente diffondendo, è il virus dell'incertezza, del desiderio di affermare quello che non sappiamo, il desiderio di garantire quello che non possediamo. I principali portatori, anzi portatrici, di questo morbo sono aspiranti. Aspiranti veline, aspiranti conduttrici, aspiranti attrici, in genere belle gnocche, ma ancora aspiranti a qualcos'altro.
Comunque certamente destinate ad un brillante futuro.
Sì, certamente.
Anzi, oserei dire, aZZolutamente Zì.
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